Vaccini. In Italia segnalazioni eventi avversi in calo. Il report AIFA: attenzione sempre alta

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Nel 2023 le segnalazioni complessive di eventi avversi da vaccini in Italia sono state 4.330, di cui 1.224 relative ai vaccini anti-Covid-19. Un calo drastico: –86% rispetto all’anno precedente, e –94% per i soli vaccini anti-Covid-19 (nel 2022 erano 21.175).

Il motivo? Innanzitutto, il crollo del numero di dosi somministrate: da oltre 52 milioni del 2022 a poco più di 25 milioni nel 2023. Ma anche la fine dei grandi progetti di farmacovigilanza attiva e l’attenuazione dell’interesse mediatico, che storicamente spinge verso l’alto le segnalazioni spontanee per tutti i vaccini. Eppure, la rete non ha mai smesso di raccogliere, verificare e segnalare. Lo dimostra il fatto che, nonostante il calo delle vaccinazioni, siano stati comunque identificati e analizzati 15 segnali specifici — e nessuno sia stato sottovalutato.
È quanto emerge dal “Rapporto vaccini 2023” pubblicato dall’Agenzia italiana del farmaco (AIFA).

Il documento fa il punto, dunque, anche su oltre due anni di monitoraggio post-autorizzazione dei vaccini anti-Covid-19. Dati, numeri e analisi dettagliate raccontano un’Italia attenta, ma senza allarmismi, capace di vigilare sul buon funzionamento del più imponente piano vaccinale della storia recente. Dal Rapporto AIFA 2023, la conferma: nessuna segnalazione ha alterato la sicurezza dei vaccini. L’Ema, dopo i dovuti approfondimenti, chiude tutti i segnali di sicurezza senza rilievi. Con il calare dell’attenzione mediatica in netta diminuzione tutte le segnalazioni (-86%), nel dettaglio quelle su vaccini Covid -94% e gli altri vaccini -71%. Il processo di sorveglianza dimostra di aver funzionato secondo i parametri previsti: ogni sospetto è stato esaminato, e nessuno si è trasformato in un rischio accertato. “In nessuno dei segnali analizzati è stato identificato un rischio che potesse alterare il rapporto beneficio/rischio favorevole dei vaccini”, sottolinea il Rapporto.

Nel 2023, sono stati aperti 9 segnali di sicurezza sui vaccini contro il COVID-19. Tutti sono passati al vaglio del PRAC, il comitato di valutazione rischi dell’Agenzia Europea per i Medicinali. E tutti sono stati chiusi favorevolmente, cioè senza alcuna modifica all’autorizzazione o alle indicazioni cliniche dei vaccini coinvolti. Prima del 2023 altri segnali di sicurezza valutati dal PRAC di EMA si sono conclusi confermando il rapporto beneficio-rischio a favore del vaccino, evidenziando tuttavia una correlazione tra gli eventi avversi e la somministrazione dello stesso. Fatto che ha già portato all’inserimento degli effetti avversi nel foglio illustrativo, così come avviene per qualunque altro farmaco. Gli eventi avversi correlati, ma non in misura tale da superare i benefici della vaccinazione per la popolazione generale, sono: reazione anafilattica, sindrome da perdita capillare, eventi embolici e trombotici, eritema multiforme, sanguinamento mestruale abbondante, trombocitopenia immunitaria, gonfiore localizzato in persone con anamnesi di iniezioni di filler dermici, miocardite e pericardite.

Tra i segnali valutati dal PRAC ma chiusi senza la modifica dei fogli illustrativi perché i dati non erano sufficienti a supportare un’associazione causale, ci sono: retinopatia maculare esterna acuta, amenorrea, epatite autoimmune, rigetto di trapianto corneale, glomerulonefrite e sindrome nefrosica, linfoadenite necrotizzante istiocitaria, miosite, sindrome infiammatoria multisistemica, pemfigo e pemfigoide (bolle nella parte superiore e inferiore dell’epidermide), emorragia in postmenopausa, ulcerazione vulvare. È bene ricordare che effettuare una segnalazione non significa avere certezza di una relazione di causa-effetto, che dipende da molti altri fattori, tra i quali: l’associazione temporale tra la vaccinazione e l’evento avverso deve essere anche biologicamente plausibile (se ad esempio dopo tre giorni dalla somministrazione di un vaccino viene diagnosticato un tumore è inverosimile che la responsabilità sia attribuibile alla vaccinazione); la frequenza con la quale quell’evento si manifesta nella popolazione generale, indipendentemente dalla vaccinazione; e anche la presenza di altre possibili cause, come malattie preesistenti e farmaci assunti.

Il sistema di farmacovigilanza descritto nel Rapporto è, in una parola, capillare. Parte dalla Rete nazionale di Farmacovigilanza (RNF), gestita dall’AIFA, che trasmette ogni segnalazione all’EMA, contribuendo al database europeo EudraVigilance. Ogni caso italiano entra, in tempo reale, nel radar della comunità scientifica europea. L’analisi è multilivello. Ogni segnalazione viene valutata localmente, dai Centri Regionali di Farmacovigilanza analizzata dall’AIFA, in collaborazione con ISS e Ministero della Salute; e infine trasmessa all’EMA e a tutti gli Stati Membri europei (oltre che all’azienda titolare dell’autorizzazione al commercio – AIC), che possono aprire un “safety signal”.

Il PRAC valuta le evidenze in base a criteri clinici, epidemiologici e statistici. E quando serve, può richiedere ulteriori studi alle aziende farmaceutiche (i cosiddetti PASS, Post-Authorisation Safety Studies). Nel 2023, nessuno di questi segnali è stato considerato sufficiente per modificare l’autorizzazione all’immissione in commercio. Nel 2023, le segnalazioni con almeno un evento grave associato a vaccini anti-COVID-19 sono state 572, pari al 46,7% delle segnalazioni totali su questi vaccini. Ma attenzione: questo non significa che il vaccino abbia causato l’evento. Significa solo che, in quei casi, l’evento segnalato aveva un impatto clinico rilevante (ospedalizzazione, rischio di vita, disabilità temporanea o permanente).

In realtà, solo 182 segnalazioni su 1.224 riguardavano eventi avversi insorti nel 2023. Le altre (oltre 1.000) erano retroattive, cioè segnalazioni riferite ad anni precedenti. E proprio tra queste si concentrano gli eventi più gravi: una logica comprensibile, poiché le reazioni più leggere vengono spesso trascurate o dimenticate nel tempo, mentre quelle importanti tendono a spingere gli utenti a segnalare anche a distanza di mesi.

Relativamente all’esito, nel 49% degli eventi avversi c’è stata una risoluzione completa o un miglioramento. Per il 31,4% l’esito al momento della segnalazione era considerato non risolto, per il 7,8% risolto con postumi e per il 2,6% l’esito riportato è stato il decesso del paziente. Quelli successivi alla sola somministrazione dei vaccini anti-COVID-19 sono stati 36, mentre due erano casi di co-somministrazione dei vaccini anti-COVID-19 e antinfluenzale. Questo non significa, però, in nessun caso che si sia rilevato un nesso di causalità tra la somministrazione del vaccino e il decesso. In 11 casi mancavano infatti informazioni essenziali per la valutazione, in altri le evidenze non hanno supportato alcuna associazione causale con il vaccino, in 7 casi si è trattato di pazienti con un quadro clinico complesso, con la coesistenza di importanti malattie, mentre per altri 7 casi il decesso è avvenuto molti mesi dopo la somministrazione del vaccino, fatto che non fa ipotizzare alcuna correlazione temporale con l’ultima somministrazione. Per un altro caso è stata la relazione del medico legale della famiglia ad escludere qualsiasi connessione tra la vaccinazione e il decesso, con ogni probabilità conseguente a una sospetta encefalite non prontamente diagnosticata. Un ultimo caso ha riguardato una paziente anziana, colpita da shock anafilattico dopo pochi minuti dalla somministrazione della quarta dose del vaccino.

Il tasso di segnalazione di eventi gravi da vaccini anti-COVID-19 è stato di 2,5 per 100.000 dosi. Per fare un confronto: il tasso di ospedalizzazione da COVID-19 nel 2023 è stato di 140 per 100.000 abitanti. Il rischio della malattia è rimasto ampiamente superiore a quello del vaccino. Rispetto alle segnalazioni riguardati tutti gli altri vaccini, per gli anti-COVID-19 si osserva una proporzione minore di quelle inviate dai medici (30,4%) e soprattutto dagli altri operatori sanitari (8,9%), mentre si registra una consistente percentuale di segnalazione da parte dei cittadini, pari al 45,4%.

Il Rapporto entra poi nel dettaglio dei 9 segnali chiusi nel 2023. Il primo ha riguardato l’ulcerazione vulvare in associazione con il vaccino Comirnaty a mRNA di Pfizer; i successivi tre segnali di sicurezza hanno riguardato il pemfigo e il pemfigoide, malattie autoimmuni caratterizzare da formazione di bolle sulla superficie dell’epidermide nel primo caso e sotto la stessa nel secondo.

I casi sono stati associati ai vaccini Vaxzevria a vettore virale di Astra Zeneca, Comirnaty e Spikevax a mRNA di Moderna; il quinto, sesto e settimo segnale hanno riguardato i vaccini Vaxzevria, Comirnaty e Spikevax associati alla miosite, una infiammazione muscolare che può essere causata da vari fattori tra cui infezioni, condizioni autoimmuni e assunzione di farmaci; l’ottavo e nono segnale hanno riguardato le emorragie postmenopausali associate ai vaccini Comirnaty e Spikevax. In tutti i casi, non sono mai emerse sufficienti evidenze per stabilire un nesso di causalità tra il vaccino e gli eventi avversi oggetto del segnale, non si è mai raggiunta una soglia di evidenza tale da mettere in dubbio la sicurezza complessiva del vaccino. Nessun segnale ha richiesto il ritiro di lotti, la modifica delle indicazioni terapeutiche, o l’interruzione delle somministrazioni.

Un passaggio importante del Rapporto riguarda la comunicazione. “Un’informazione chiara, corretta e trasparente è una responsabilità pubblica”, scrive AIFA. Ed è qui che il sistema italiano mostra forse la sua parte più vulnerabile: l’asimmetria tra la sorveglianza reale e la percezione pubblica. “La vaccinovigilanza funziona, ma spesso non viene raccontata. E così, mentre ogni “evento” isolato diventa un titolo, la chiusura favorevole dei segnali diventa una nota a piè di pagina. Il risultato è una disconnessione crescente tra scienza e opinione pubblica”, afferma il Presidente di AIFA, Robert Nisticò. A tre anni dall’inizio della pandemia, il sistema di sorveglianza italiano — e con esso quello europeo — ha dimostrato di saper distinguere tra coincidenze e rischi reali. Ogni segnalazione ha trovato spazio e attenzione. Ogni ipotesi è stata esplorata. E nessun rischio clinicamente rilevante è stato identificato per i vaccini anti-COVID-19 nel 2023. Ma la vigilanza, scrive AIFA, non è mai un processo concluso. È un esercizio continuo di attenzione, di metodo, e anche di responsabilità narrativa. Perché la fiducia nella medicina non si costruisce solo con i dati, ma anche con il modo in cui vengono condivisi. “E forse, proprio qui, sta la sfida del post-COVID-19: non convincere, ma rendere trasparente. Perché la scienza che nasconde è destinata a perdere. Ma quella che spiega — anche quando dice “nessun allarme” — può ancora vincere”, afferma Nisticò.

Se i riflettori pubblici restano ancora puntati sui vaccini contro il SARS-CoV-2, il Rapporto 2023 dedica ampio spazio anche alla sicurezza di tutti gli altri vaccini somministrati in Italia. E il messaggio è chiaro: la farmacovigilanza non si è mai fermata, nemmeno quando il clamore mediatico è calato. Nel 2023, le segnalazioni relative ai vaccini non anti-COVID-19 sono state 3.164, in netto calo rispetto alle 10.967 del 2022 (-71%). Anche qui, l’abbassamento dei numeri è in parte fisiologico, dovuto alla diminuzione delle dosi somministrate, ma anche alla conclusione dei progetti di farmacovigilanza attiva finanziati dall’AIFA negli anni precedenti. Tuttavia, questo non ha impedito al sistema di intercettare i segnali più rilevanti, né di documentare con precisione le differenze tra i vaccini. Ad esempio:

I vaccini antimeningococcici (18,6% delle segnalazioni) e quelli contro l’herpes zoster (11,6%) sono tra i più segnalati.
Le segnalazioni per i vaccini MPR-MPRV-V-M (contro morbillo, parotite, rosolia, varicella) hanno mostrato una percentuale elevata di eventi gravi (41,9%), ma senza emergere come segnali di allarme. Sebbene la percentuale di segnalazioni con almeno un evento grave sembri aumentata nel 2023 rispetto al 2022 (41,9% contro il 15,1%), il confronto dei tassi delle segnalazioni con almeno un evento grave insorto nel 2023 e nel 2022 mostra una direzione opposta: 10,9 per 100.000 dosi somministrate nel 2023 contro 16,3 per 100.000 dosi somministrate nel 2022.
I vaccini esavalenti e anti-rotavirus hanno visto un drastico calo delle segnalazioni (rispettivamente -91% e –86%), pur mantenendo una sorveglianza costante.

Complessivamente, solo il 18,4% delle segnalazioni sui vaccini non-anti-COVID-19 riportava almeno un evento grave. E anche in questi casi, la maggioranza ha avuto esito positivo o completo recupero clinico: l’88,6% degli eventi si è risolto o ha mostrato miglioramento, mentre solo l’8,1% ha avuto postumi o mancata risoluzione.

Entrando più nel dettaglio le segnalazioni per i vaccini anti-meningococcici sono state 807, pari a 25,2 ogni 100mila dosi, dato in calo dell’87% rispetto al 2022. Il 18,8% ha riguardato almeno un evento grave. Nel 2023 secondo i dati comunicati dalle Regioni al ministero della Salute si sono registrati 83 casi di malattia invasiva da meningococco, contro i 57 casi dell’anno precedente e i 21 del 2021. Nel 46% dei casi si è trattato di meningite, nel 36% dei casi associata a sepsi. La copertura vaccinale a 24 mesi per il meningococco B nel 2023 è stata del 79,6%, quella per il meningococco causato dai sierogruppi ACYW che previene meningite e setticemia ha raggiunti solo il 57,33% di copertura.

Sono state 370 le segnalazioni per il vaccino quadrivalente contro morbillo, parotite, rosolia e varicella, pari a un tasso di segnalazione di 26 eventi ogni 100mila dosi, dati in riduzione del 76% rispetto al 2022. Le segnalazioni con almeno un evento grave sono state il 41,9%. Secondo i dati forniti dall’ISS dal primo gennaio al 31 marzo di quest’anno si sono registrati già 227 casi di morbillo, dei quali più di un terzo con complicanze gravi, come epatite e polmonite. Circa il 92% non erano vaccinati.

Riguardo i vaccini anti-pneumococco nel 2023 sono state registrate 363 segnalazioni (-88% rispetto al 2022), pari a un tasso di segnalazione di 28,5 ogni 100mila dosi. Il 19,3% ha riguardato segnalazioni per eventi gravi. Nel 2023, informa sempre l’ISS, si sono verificati 1.783 casi di malattia invasiva da polmonite, associata a sepsi nel 50% dei casi e a meningite in un altro 20% di infezioni. Numeri in crescita rispetto ai 1.056 casi di malattia invasiva da polmonite del 2022 e i 500 del 2021.

Sono state invece 355 (-89% rispetto al 2022) le segnalazioni per il vaccino esavalente, contro difterite, tetano, pertosse, epatite B, polio e Haemophilus influenzale di tipo B. Il tasso di segnalazione è stato di 20,1 ogni 100mila dosi, mentre le segnalazioni con almeno un evento grave sono state il 23,9% di quelle complessive.

Infine, va sottolineato un aspetto spesso ignorato: i progetti di farmacovigilanza attiva sono stati decisivi per intercettare eventi lievi, che altrimenti non sarebbero mai stati segnalati. Ne è esempio il caso dei vaccini trivalenti contro tetano, difterite e pertosse, per i quali oltre il 77% delle segnalazioni proveniva da studi attivi condotti tra Puglia e Campania, nel contesto della vaccinazione in gravidanza.

“I dati del Rapporto – prosegue Nisticò – mostrano come nonostante l’attenzione pubblica sia rimasta concentrata sul COVID-19, il sistema italiano di farmacovigilanza ha continuato a lavorare a 360 gradi, documentando ogni evento, di ogni vaccino. In silenzio, ma con precisione. La stessa precisione è necessaria per una corretta lettura dei dati sulle segnalazioni. Perché – aggiunge Nisticò – considerando solo quelle con almeno un evento grave, il tasso di segnalazione nel 2023 da 9,8 si riduce a 2 ogni 100mila dosi somministrate. Dato in calo del 70% rispetto al 2021. Questo non per dimostrare quanto i vaccini siano oggi più sicuri di ieri, ma per dire quanto sia azzardato creare automaticamente nessi di causalità tra vaccinazione ed eventi avversi. Così come dimostrano gli esiti fatali di quelli segnalati per i vaccini anti-COVID-19, per i quali la correlazione non è mai stata accertata, salvo un caso sospetto di shock anafilattico”, conclude il Presidente di AIFA.

“È bene puntualizzare – afferma il Direttore Tecnico-Scientifico di AIFA, Pierluigi Russo – che le informazioni riportate dal Rapporto non sono da valutare come risultati della relazione di causalità tra il vaccino e gli effetti osservati. Valutazione scientifica che fa invece parte del continuo monitoraggio, da parte di AIFA, dei benefici e dei rischi connessi ai vaccini come a qualsiasi altro farmaco, che tiene conto di numerosi altri dati e fattori”. “Fermo restando – conclude Russo – che le segnalazioni di sospette reazioni avverse costituiscono un’importante fonte di informazione per l’attività di farmacovigilanza, non sono sufficienti per una valutazione esaustiva. La sicurezza del medicinale e il nesso di causalità vengono analizzati attraverso un approfondito esame di tutte le fonti di dati disponibili, tra cui studi clinici, ricerche epidemiologiche, pubblicazioni scientifiche e dossier regolatori, oltre alla collaborazione con altre autorità competenti. Questo avendo sempre come faro la sicurezza dei nostri cittadini”.

 

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